FORZE ARMATE - SANZIONI DISCIPLINARI - Cons. Stato Sez. IV, 18-01-2018, n. 307

FORZE ARMATE  - SANZIONI DISCIPLINARI - Cons. Stato Sez. IV, 18-01-2018, n. 307

E' legittima la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione adottata nei confronti di un finanziere trovato in possesso di una modesta quantità di cannabinoidi ("marijuana e hashish") e che, sottoposto all'esame tossicologico, sia risultato positivo al THC (tetraidrocannabinolo).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7197 del 2012, proposto da:

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Fiore Tartaglia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Medaglie D'Oro, 266;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II n. 07251/2012, resa tra le parti, concernente perdita del grado per rimozione

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Comando Generale della Guardia di Finanza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2018 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Monti su delega di Tartaglia, avv.to dello Stato Tidore;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con la sentenza in epigrafe indicata il TAR Lazio ha respinto il ricorso proposto dal finanziere -OMISSIS- -OMISSIS- avverso il provvedimento con il quale il Comandante in seconda del Corpo della Guardia di Finanza gli ha irrogato la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione.

La sentenza è stata impugnata con l'atto di appello oggi all'esame dal soccombente il quale ne ha chiesto l'integrale riforma, deducendo plurimi motivi di impugnazione.

Si è costituito in resistenza l'intimato Comando Generale del Corpo, il quale insta per il rigetto dell'avverso gravame.

Le Parti hanno depositato memorie e documenti, insistendo nelle già rappresentate conclusioni.

Alla pubblica udienza del 16 gennaio 2018 l'appello è stato spedito in decisione.

L'appello è infondato e va pertanto respinto, con integrale conferma della sentenza gravata.

In punto di fatto deve evidenziarsi che in data 7 ottobre 2010, nel corso di un controllo eseguito da una pattuglia dell'Arma dei Carabinieri di Secondigliano, il -OMISSIS- è stato trovato in possesso di una modesta quantità di cannabinoidi (in particolare, n. 3 bustine contenenti 3,8 grammi lordi di sostanza stupefacente del tipo "marijuana e hashish") detenuta nella scarpa sinistra e nella tasca destra del giubbino.

Il militare è stato quindi sottoposto ad esame tossicologico, all'esito del quale è risultata confermata la sua positività al THC (tetraidrocannabinolo); in seguito lo stesso ha riconosciuto di aver fatto un uso sporadico ( due o tre volte) di cannabinoidi.

A tali fatti è seguito il procedimento disciplinare conclusosi appunto con la irrogazione della sanzione espulsiva

Ciò premesso, con i motivi che conviene prioritariamente esaminare l'appellante torna a dedurre da un lato il travisamento dei fatti che vizierebbe il deliberato della commissione di disciplina; dall'altro la sproporzionalità della sanzione inflitta non tenendo conto degli ottimi precedenti di carriera dell'interessato e della assoluta mancanza di rilievo penale della condotta sanzionata.

In tal senso l'appellante evidenzia che per analoga infrazione commessa da appartenenti alla Polizia di Stato (primo episodio di uso non terapeutico di sostanze stupefacenti) l'articolo 6 terzo comma n. 8 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737 prevede espressamente, quale sanzione, la sospensione dal servizio, riservando la destituzione ai casi di reiterazione della condotta illecita.

I mezzi - sebbene acutamente prospettati dalla Difesa dell'appellante - vanno disattesi.

Per quanto concerne l'accertamento dei fatti materiali, il ricorrente sostiene che le sostanze stupefacenti rinvenute dai carabinieri fossero in realtà di proprietà del cugino ( anch'egli presente nell'auto controllata dalla pattuglia dell'Arma) come da questi del resto dichiarato e riconosciuto.

Tale ricostruzione dei fatti appare, a giudizio del Collegio, assai poco convincente: non si intravede infatti alcun motivo logico o ragionevole in base al quale il militare avrebbe potuto decidere di detenere in precario una certa quantità di sostanze a lui non appartenente, oltre tutto occultandola in modo così strano.

Né credibile l'appellante quando predica l'unicità dell'episodio.

In tal senso militano infatti le risultanze del verbale redatto dall'istituto militare di medicina legale nel febbraio del 2011 da cui si evince che lo stesso finanziere riferisce di un pregresso uso saltuario (2 - 3 volte) di cannabinoidi in periodi di stress.

Per converso non assumono rilievo probatorio i controlli ( drug test) cui si è in seguito spontaneamente sottoposto l'interessato presso la Clinica Moscati di Roma, essendo notorio che a breve distanza di tempo le tracce relative al pregresso usi di cannabinoidi sono smaltite dall'organismo.

In conclusione, per quanto può sindacarsi in questa sede, la ricostruzione dei fatti che è alla base del provvedimento disciplinare non appare in alcun modo contraddittoria o travisata.

Per quanto riguarda la dedotta sproporzionalità della sanzione è innanzi tutto da rilevare che la valutazione in ordine al rilievo e alla gravità dell'infrazione disciplinare è rimessa alla discrezionalità dell'Amministrazione, la quale si esprime al riguardo con un giudizio dell'organo collegiale che il giudice amministrativo in sede di legittimità può sindacare non nell'intrinseco merito ma solo in quanto abnorme o illogico in rapporto alle risultanze dell'istruttoria.

Ciò chiarito, la condotta del ricorrente, anche a volerla ritenere episodica, risulta di oggettiva gravità in relazione all'appartenenza del -OMISSIS- ad un Corpo militare come la Guardia di Finanza tra le cui prioritarie finalità istituzionali rientra proprio il contrasto ai fenomeni di criminalità connessi al traffico e allo spaccio di stupefacenti.

Del resto non può dimenticarsi che - come sottolinea l'Avvocatura erariale - secondo logica e esperienza il consumo di stupefacenti comporta - in via diretta o indiretta - un'inevitabile contiguità o comunque contatto con chi vende o cede tali sostanze e dunque con soggetti spacciatori, operanti nell'illegalità e dediti a traffici che il Corpo ha, invece, proprio la missione istituzionale di reprimere.

Il che spiega in adeguata misura il differente trattamento riservato dal citato D.P.R. n. 737 del 1981 al personale delle forze di polizia a ordinamento civile.

In conclusione - ricordato che per costante giurisprudenza le sanzioni di stato non ammettono ontologicamente graduazioni - il provvedimento espulsivo nel caso all'esame non si connota come abnorme o sproporzionato, tenuto conto delle funzioni repressive del traffico di stupefacenti specificamente assegnate ai militari della Guardia di Finanza.

Quanto alla mancata considerazione dei buoni precedenti di carriera del -OMISSIS- e quanto alla irrilevanza penale delle condotte ascritte, si è detto sopra che le sanzioni di stato non possono essere graduate: di talchè una volta accertata la violazione del giuramento e una volta accertato il venir meno delle doti morali necessarie per l'appartenenza alla Guardia di Finanza, la continuazione del rapporto di impiego ne risultava preclusa.

Con l'ultimo motivo l'appellante deduce che il provvedimento sanzionatorio sarebbe illegittimo perché adottato oltre il termine perentorio di 90 giorni dalla contestazione degli addebiti.

Il mezzo va disatteso in quanto si basa sull'erroneo presupposto secondo cui, non essendo individuato normativamente il termine per la conclusione del procedimento disciplinare di stato, debba trovare applicazione il termine residuale di 90 giorni dall'avvio del procedimento, previsto dall'art. 2, comma 3, della L. n. 241 del 1990.

Al riguardo va invece evidenziato che i termini per l'esercizio dell'azione disciplinare e per il compimento degli atti endoprocedimentali trovano una esaustiva e specifica disciplina nell'art. 1392 del C.O.M. di cui al D.Lgs. n. 66 del 2010, ove si prevede che il procedimento disciplinare di stato, ritualmente avviato, "si estingue se sono decorsi novanta giorni dall'ultimo atto di procedura senza che nessuna ulteriore attività è stata compiuta" (comma 4).

Dal momento che tale ultimo termine infraprocedimentale risulta costantemente rispettato nel procedimento de quo la censura si appalesa infondata.

Sulla scorta delle considerazioni che precedono l'appello va pertanto respinto.

Motivi di equità consigliano la compensazione delle spese di questo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art.22, comma 8 D.Lgs. n. 196 del 2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi, Presidente, Estensore

Carlo Schilardi, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere


Avv. Francesco Botta

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